Diego Maria Gugliermetto – Il Cappellaio matto del design
Le sue creazioni esposte durante la serata-evento di DesignPuntoZero a Busto Arsizio
Un designer, un artista artigiano, un imprenditore, un Cappellaio matto del design ed un sognatore nonché figlio di artigiani visto che i suoi genitori hanno fondato la Gufram (poi venduta). Questo, e molto altro, è Diego Maria Gugliermetto che ha esposto le sue opere in una serata evento nel concept store DesignPuntoZero a Busto Arsizio organizzata da Eva Alice Rossi Events. I suoi pezzi non passano inosservati tanto da guadagnare spazi nei musei più importanti e sotto i riflettori di programmi televisivi come il “Grande Fratello” o “The Couple”.
Lei si definisce un outsider del design, un artigiano che segue il suo istinto per creare opere?
Le mie creazioni sono frutto della mia esperienza ma anche dei miei sogni; ho trasformato anche un modo di dire in una seduta. Questo per me è normale perché fin da piccolo sono stato abituato a concepire gli oggetti come delle sedute su cui una persona possa anche sedersi e sentirsi comodo.
C’è però un elemento che non manca mai nelle sue creazioni: lo stupore.
Certo, più che il commento tecnico apprezzo lo sguardo stupito di chi osserva una mia opera e si emoziona. Il mio claim riassume il mio pensiero: non faccio arredamento, non faccio arte, ma faccio oggetti emozionali con funzione di seduta.


Oggetti che possono essere esposti in un museo o nel salotto di una casa di provincia.
Io seguo il mio istinto, vado a letto con un problema e cerco di risolverlo oppure mi sveglio con un’idea e la realizzo ma senza pensare a dove verrà posizionata. Ho provato a seguire le regole del mercato e le mode e ma ho smesso perché non mi danno quel brivido che cerco quando realizzo qualcosa o quando vedo che quello che ho in testa sta prendendo forma. Sono un artigiano artista che da forma ai suoi sogni.
Se dovesse scegliere tre parole per descrivere la sua arte, quali sceglierebbe?
Stupore, quello che si vede nei volti delle persone quando guardano ciò che ho realizzato. Comodità, perché questo è uno degli elementi che ricerco nelle mie sedute. Felicità nel fare quello che faccio e nel vedere le persone che colgono il mio lato giocoso.
Un lato che trova forma e colore nell’opera Pac-Man esposta a DesignPuntoZero.
Si, questo è un esempio. In questo caso ho dato tridimensionalità a quello che era un gioco bidimensionale ed ho immaginato il gioco – che mi divertiva molto – in una serie di puff. E so che c’è chi pensa che questo sa un copiare un qualcosa che già c’è, ma non è cosi. Io, s questo unto, ho una visione più rinascimentale.
Che cos’è allora?
Io mi ispiro a qualcosa che già c’è, realizzato da grand maestri, e cerco di andare oltre e d metterci il mio tocco. Questo è il pensiero che mi ha portato a realizzare il barattolone di zuppa ispirato ai famosi quadri di Andy Warhol: lui i barattoli li aveva concepiti in un modo io come seduta. Un discorso che vale anche per l’opera “Merda d’artista” di Manzoni, quella è esposta al Moma di New York ed è un pezzo d’élite ms nella mia mente è diventata una seduta che può acquistare chiunque e metterla in sala o in studio.


Anche al scelta del materiale e delle tecniche da usare è importate.
Fa la differenza. Io uso il poliuretano, sia schiumato che da taglio, per giocare con e portanze e le resistenze, creando così forme e consistenze diverse. Il mio preferito è il poliuretano da taglio perché richiede capacità e studio. Quando ho presentato il “Nodone” nel 2010 un gruppo di cinesi sono rimasti stupiti e fissavano la seduta per capire come avessi fatto a realizzarlo, loro pensavano con le macchine io le con le mani.
Qual’è il suo desiderio?
Continuare ad emozionarmi nel progettare un oggetto, divertirmi mentre creo e riuscire a trasmettere queste mie sensazioni alle persone che vedo una mia opera.


